Commento al Vangelo di Matteo 11,2-11
La terza domenica del nostro cammino di avvento, ci invita ancora a vivere nell’attesa di Gesù, ad aspettare la sua venuta, il Natale, perennemente disponibili ad incontrarlo. Questa attesa, in questa domenica detta “Gaudéte”, è caratterizzata dalla gioia: vigilanza non triste, ma lieta. La vera gioia nasce in noi dall’incontro con il Signore, e dalla certezza che Lui viene per salvarci e per dare un nuovo corso alla nostra esistenza spesso frenetica, senza tempo, priva di riflessione. Chi ha incontrato Gesù sperimenta una gioia grande che nessuno e nessuna situazione potrà mai rubare. La gioia che Gesù viene a portare non è semplicemente uno stato d’animo o il frutto di tante riflessioni o discorsi, ma è dono di una profonda amicizia con Colui che si fa come noi per salvarci, di Colui che assume la nostra condizione, facendosi povero, per renderci ricchi con la sua povertà. La pagina del vangelo ci presenta Giovanni Battista che, in carcere, manda a chiedere a Gesù:” sei tu colui che deve venire o dobbiamo aspettare un altro”? La risposta di Gesù non è fatta di concetti astratti ma di fatti che dicono la vita nuova, che restituiscono la speranza e riempiono il cuore di gioia: ”i ciechi riacquistano la vista, gli zoppi camminano, i lebbrosi sono purificati, i sordi odono, i morti risuscitano, ai poveri è annunciato il Vangelo”. Il lieto annunzio arriva ai poveri non solo con le parole, ma con opere di guarigione: è davvero giunto il Regno di Dio: Gesù è il Messia e il liberatore atteso. Nella misura in cui noi oggi riconosciamo Gesù come il Messia e come colui che ci dona la gioia, anche noi ci sentiamo inviati a portare questa gioia ai nostri fratelli. Attraverso di noi Gesù vuole ancora oggi sollevare ogni situazione di miseria, asciugare ogni lacrima e far sentire la sua presenza ad ogni persona sofferente. Noi diveniamo, oggi, nel nostro tempo e nei nostri ambienti di vita, le sue mani, i suoi occhi, il suo orecchio attento e la sua capacità di rivelare l’amore di Dio. Gesù viene a noi in modo differente rispetto alle nostre attese, non da forte e potente ma da fragile, da mite e come uno che crocifisso, porta su di se le nostre sofferenze e ci proietta verso la gioia senza fine. Solo contemplando il Cristo crocifisso e risorto noi ci apriamo alla gioia, e attraverso la nostra testimonianza lo rendiamo visibile nei gesti di amore e carità. Chiediamoci quali siano le gioie della nostra vita, quali gioie cerchiamo, quali costruiamo, quali accogliamo come dono di Dio. La liturgia ci invita ad essere saldi nella fede, gioiosi nella speranza e operosi nella carità. Chiediamo la grazia e la gioia di farci poveri dinanzi a Dio per servire i piccoli e i poveri di oggi, quelli che cercano la gioia ma che possono trovarla solo se chi si dice cristiano e si incontra con Cristo, sa farsi prossimo e sa essere testimone del dono ricevuto per “celebrare con rinnovata esultanza il grande mistero della salvezza”. Fr. Giuseppe Piga |