Attendiamo vigilanti la venuta del Signore
Con questa domenica entriamo nel tempo “forte” dell’Avvento, che ci prepara ad accogliere, nella liturgia, la celebrazione della prima venuta del Signore, nel suo Natale, mentre siamo in attesa della sua seconda venuta alla fine dei tempi, nel suo ritorno glorioso, e nel frattempo lo accogliamo nell’oggi della nostra vita. L’avvento ci invita a stare nella storia e nel tempo che viviamo, con l’atteggiamento dell’attesa e della vigilanza. Il tempo della nostra vita è spesso caratterizzato da ricordi, delusioni, stanchezza, oppure dall’ attesa, speranza di qualcosa di nuovo. La fede in Gesù Cristo e l’attesa del suo passaggio nella storia, rende la nostra esistenza luogo di incontro con Dio e rende il nostro tempo come qualcosa di sacro, perché in esso si manifesta il Signore e ci chiede di vivere alla sua presenza. Come accorgerci che Dio è presente nella nostra vita e in quella del mondo? L’avvento è l’occasione preziosa per fare questo passo. Il vangelo di questa domenica, attraverso il linguaggio apocalittico, descrive l’imminenza del “Giorno del Signore”, e invita i discepoli a stare in piedi, ad essere vigilanti nell’attesa di “comparire davanti al Figlio dell’uomo”. Nel brano si rivelano due aspetti dell’umanità: coloro che “moriranno per la paura e per l’attesa di ciò che dovrà accadere sulla terra”, e di coloro che, invece, stanno in piedi, rialzano la testa e non si appesantiscono in dissipazioni e affanni della vita. Sono coloro che vivono nella paura perché non comprendono il corso degli eventi, e coloro che, invece comprendono e leggono i segni di Dio nella storia. Chi si lascia sconvolgere dal
male del mondo, e chi riconosce la presenza di Dio nella storia. I “segni nel sole, nella luna e nelle stelle” non devono terrorizzarci, ma piuttosto farci contemplare il mistero di una storia abitata da Dio, carica di nuovo significato e “gravida” di Dio. Guardando la storia che viviamo, quale è il nostro atteggiamento interiore? Siamo presi dalla paura che sconvolge il cuore e appesantisce il passo, oppure riusciamo a credere che Dio è presente e vuole dare un senso nuovo alla nostra esistenza? La fede che professiamo ci spinge a guardare il mondo, le povertà, le sofferenze e i limiti, come quelle “periferie” nelle quali Dio giunge e desidera abitare laddove gli uomini piangono e hanno bisogno della sua consolazione. Preghiamo con la liturgia: “Padre santo, che mantieni nei secoli le tue promesse, rialza il capo dell’umanità oppressa dal male e apri i nostri cuori alla speranza, perché attendiamo vigilanti la venuta gloriosa di Cristo, giudice e salvatore.”
P. Giuseppe Piga